,

Fedelpol, l’azienda strappata alla Camorra in crisi per ‘colpa’ delle banche

Uiltucs Toscana Costa denuncia: “Gravi disagi per oltre 60 dipendenti”

L’allarme. “Lavoratori nel caos. Scarso credito all’istituto di vigilanza”
Bardi: “E’ una beffa. Appello a istituzioni e all’Abi per capirne i motivi”

Prima lo scandalo: la Fedelpol Srl viene travolta da un’inchiesta e viene arrestato l’intestatario della società accusato di legami e affari con il clan camorristico Belforte. Poi l’amministrazione giudiziaria, scelta forzata dopo il sequestro disposto dalla DDA di Napoli. E ora una nuova batosta per gli oltre 60 lavoratori dell’istituto di vigilanza di Rosignano Marittima, ora con sede a Livorno: le banche chiudono i rubinetti e non erogano il credito. Fondi, questi, che servirebbero per garantire lo stipendio ai lavoratori, in arretrato di alcune mensilità, sempre in bilico tra scandali e incertezze e colpiti da costanti, gravi, disagi.

E’ questa, in sintesi, la fotografia scattata dalla Uiltucs Toscana Costa, la categoria della Uil che si occupa di turismo, commercio e servizi, che ha seguito passo passo la vicenda dell’istituto di vigilanza Fedelpol. A partire dal dicembre di due anni fa con l’inchiesta per concorso in associazione mafiosa, passando attraverso i due anni di amministrazione giudiziaria e il costante calvario del personale (portierato, guardie giurate e amministrativi). “In tutto questo tempo – spiega Sabina Bardi segretaria responsabile Toscana Costa – i pagamenti degli stipendi sono stati a singhiozzo, senza date certe. A fine dicembre i dipendenti dovevano ancora ricevere gli stipendi di ottobre, novembre e tredicesima: siamo al paradosso!”. Il problema principale, per la Rsa della Fedelpol srl e la Uiltucs Toscana Costa è, come ha spiegato più volte l’amministratore giudiziario, “la mancanza di sufficiente credito da parte delle banche”.

“Ci meraviglia il loro atteggiamento – spiega Bardi – perché fino a quando la società era in mano a personaggi più che discutibili aveva finanziamenti e fondi, mentre oggi che è perfino nella ‘white list’ della Prefettura di Livorno e agisce in modo chiaro e trasparente viene penalizzata. Perché la sua situazione porta, paradossalmente, un’azienda sana con un’elevata professionalità e molte potenzialità a vedersi rifiutare affidamenti dalle banche per via della sua situazione”.

Altro grave danno subito dai lavoratori a causa della mala gestione del precedente Amministratore, riguarda “l’accordo di solidarietà difensiva” siglato nel marzo 2013, per il periodo 2013/2015, “che non è mai stato pagato dall’ Inps proprio per la mancanza di documentazione e di bilanci dichiarati completamente falsi, situazione ad oggi ancora molto complicata da risolvere”. “Per questo – conclude Sabina Bardi – denunciamo con forza l’accaduto e, oltre a chiedere un incontro all’Abi Toscana per comprendere i motivi di tale atteggiamento, ci appelliamo alle istituzioni territoriali livornesi: Camera di Commercio, Prefettura, Comune, Confindustria, Cna, Confcommercio. Questo, affinché si facciano tutti promotori, con le organizzazioni sindacali di categoria e le associazioni rappresentati il tessuto sociale (da Arci a “Io rilancio il lavoro”, passando per Libera e Sos Impresa) di un forte messaggio ai cittadini e alle cittadine: un’azienda sottratta alla criminalità rinasce, non muore!!!”.